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GLI STRUMENTI DI CONTRASTO ALLA VIOLENZA DI GENERE IN AMBITO CIVILE

  • Autore: Avv. Carlotta Berselli
  • 26 nov, 2023

COME DIFENDERSI DALLA VIOLENZA NEI PROCEDIMENTI FAMILIARI

Stai vivendo una relazione tossica? Il tuo partner ti controlla, ti picchia, ti maltratta, ti umilia, ti obbliga a fare cose che non vuoi fare? Hai paura di denunciarlo perché hai problemi economici, perché hai dei figli e temi che vengano affidati ad altri?

Sono tante le paure che inducono le donne a non ribellarsi ai mariti o compagni violenti. La violenza non è solo fisica, spesso è più subdola è morale, psicologica. Ti induce a sentirti sbagliata e colpevole.

Bisogna reagire e chiedere aiuto per se stesse e, se ci sono, anche per i figli che hanno diritto a non essere vittime di violenza assistita.

Nei procedimenti familiari civili (separazioni, divorzi, regolamentazione della responsabilità genitoriale di figli di coppie conviventi) due sono gli strumenti di tutela contro la violenza:

1) Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari di cui agli artt. 473 bis 69 e ss. c.p.c. che consentono alla vittima di ottenere un decreto con cui il giudice ordina al coniuge o convivente (anche se la convivenza dovesse essere cessata) di cessare la condotta pregiudizievole disponendo l'allontanamento dalla casa familiare dell'abusante . Ove occorra, può ordinare anche di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dal beneficiario dell'ordine di protezione (casa, luogo di lavoro, scuola dei figli. Può essere disposto anche l'intervento dei servizi sociali e delle associazioni che si occupano di dare sostegno e accoglienza alle vittime nonché il pagamento di un contributo economico a favore di chi, per effetto dei predetti provvedimenti, rimane privo di mezzi di sussistenza.
Questi provvedimenti, in caso di urgenza, possono essere assunti inaudita altera parte fissando in un secondo momento l'udienza nel contraddittorio delle parti per la conferma, modifica o revoca.

2) I provvedimenti di tutela previsti dagli art. 473 bis 40 e seguenti c.p.c.

 La Riforma Cartabia ha introdotto la possibilità di ottenere provvedimenti di tutela in tutti i procedimenti familiari in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell'altra o dei figli minori. 

Lo scopo della novità è quello di evidenziare l'importanza che deve essere rivolta al contrasto a questa forma di violenza nell'ambito dei procedimenti disciplinati dal nuovo rito in materia di persone, minorenni e famiglie, creando una corsia preferenziale per questi procedimenti che dovranno avere una trattazione più rapida con specifiche modalità procedurali. 

Per ottenere questo tipo di tutela non è necessario che il comportamento violento integri gli estremi di un reato. Potrebbe trattarsi di fatti non perseguibili penalmente ma comunque gravi.

Qualora venga accertata la sussistenza di violenza domestica la bigenitorialità non deve essere garantita ad ogni costo ed il rifiuto del minore di frequentare il genitore violento deve ritenersi più che legittimo. In queste situazioni solo un serio percorso di recupero da parte del genitore violento può giustificare la ripresa delle relazioni.

La norma non elenca in modo specifico le varie fattispecie e questo permette di estendere la tutela a tutte le condotte di violenza fisica o psicologica meritevoli di essere contrastate.

Quando all'esito dell'istruzione, anche sommaria, viene ravvisata la fondatezza delle allegazioni, il giudice adotta i provvedimenti più idonei a tutelare la vittima e il minore, tra cui quelli previsti dall'articolo 473-bis.70 in materia di ordini di protezione, e disciplina il diritto di visita individuando modalità idonee a non compromettere la loro sicurezza.

Il giudice quindi può ordinare a chi ha tenuto la condotta violenta, abusante o maltrattante la cessazione della stessa, può disporre il suo allontanamento dalla casa familiare, può prescrivere di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, dai familiari e dai figli.

A tutela della vittima e del minore, il giudice può altresì disporre, con provvedimento motivato, l'intervento dei servizi sociali e del servizio sanitario.

Quando la vittima è inserita in collocazione protetta, il giudice può incaricare i servizi sociali del territorio per l'elaborazione di progetti finalizzati al suo reinserimento sociale e lavorativo.

E' quindi molto importante che la vittima di violenza si affidi a professionisti esperti che la sappiano consigliare al meglio dal punto di vista legale indirizzandola verso percorsi di sostegno anche psicologico qualora necessari per prendere consapevolezza dell'abuso al fine di potersi tutelare al meglio in tutte le sedi opportune.







 
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