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I presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile con funzione solo assistenziale 

  • Autore: Avv. Carlotta Berselli
  • 17 nov, 2023

Basta una ridotta capacità lavorativa per ottenere l'assegno divorzile ?

Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione, sez. I, nella Ordinanza, 07/07/2023, n. 19341è il seguente:

Tizio e Caia in sede di separazione consensuale avevano concordato un assegno di mantenimento per la moglie di € 400. In sede di divorzio giudiziale in primo grado il Tribunale riconosceva alla ex moglie un assegno divorzile di € 200,00 che le veniva confermato anche in appello.

Sia il Tribunale che la Corte liquidavano l’assegno con funzione solo assistenziale. Non veniva riconosciuta la componente compensativa in quanto il matrimonio era durato solo tre anni e non erano nati figli.

La componente assistenziale veniva giustificata in quanto la richiedente aveva contratto una patologia oncologica, per la quale le era stata riconosciuta una invalidità permanente del 67%, cui era conseguita una malattia depressiva, con disturbi d'ansia e cefalea intensiva, con limitazione della capacità lavorativa, tanto che era stata assunta con contratto di lavoro part-time, anziché con il più remunerativo contratto a tempo pieno.

L’ex marito impugna la sentenza in Cassazione lamentando la violazione e/o falsa applicazione della legge divorzile per quanto riguarda i presupposti per il riconoscimento dell’assegno e l'omesso esame delle condizioni economico-patrimoniali della ex moglie, proprietaria dell'appartamento in cui abita, non gravata da alcuna spesa di mutuo, nonché titolare di un patrimonio mobiliare "non trascurabile", appartenente "ad una facoltosa famiglia”.

La Corte di Cassazione accoglie il gravame, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Genova in diversa composizione affinché provveda a valutare la eventuale sussistenza del profilo assistenziale del richiesto assegno alla stregua dei principi giurisprudenziali in materia che non erano stati considerati.

La sentenza richiama i principi di cui alla sentenza n. 18287/2018 pronunciata dalla Corte di Cassazione a sezioni unite e ribaditi da successe pronunce secondo cui:

1) «il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto»; 2) «all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate»; 3) «la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi".

In sostanza il prerequisito per il riconoscimento dell’assegno divorzile è l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

L'assegno è finalizzato a garantire un livello reddituale parametrato alle pregresse dinamiche familiari ed è perciò necessariamente collegato, secondo la composita declinazione delle sue tre componenti - assistenziale, perequativa e compensativa -, alla pregressa storia coniugale e familiare, senza che sia consentito travalicare nell'indebita locupletazione ai danni dell'altro coniuge (cfr. Cass. 5055/2021, in motivazione).

 In alcuni casi può attribuirsi alla funzione assistenziale una rilevanza prevalente in base al principio solidaristico, così valorizzando la funzione sociale che l'assegno divorzile assolve, nei casi in cui esso sia destinato a supplire alle carenze di strumenti diversi che garantiscano all'ex coniuge debole un'esistenza dignitosa, nell'ipotesi di effettiva e concreta non autosufficienza economica del richiedente (così Cass. n. 21926/2019 e Cass. n. 18681/2020).

 Ne consegue che, ove non sia possibile accertare o non ricorra la componente perequativa-compensativa del sopravvenuto depauperamento dell'ex coniuge istante, si impone il rigoroso accertamento dei presupposti fondanti, con carattere di prevalenza, la finalità assistenziale, che presuppone “un'effettiva e concreta non autosufficienza economica dell'ex coniuge richiedente, non più in grado di provvedere al proprio mantenimento, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto da valutare con indici significativi, in modo da poter, altresì, escludere che sia stato irreversibilmente reciso ogni collegamento con la pregressa storia coniugale e familiare". (Cass. 5055/2021, in motivazione).

Il giudice di merito  deve accertare che il sopravvenuto, e incolpevole, peggioramento della condizione economica di vita di uno degli ex coniugi non sia altrimenti suscettibile di compensazione per l'assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico e che l'ex coniuge, meglio dotato nel patrimonio e capace di fornire una qualche forma di erogazione, abbia in passato ricevuto o goduto di apporti significativi, pur se non incidenti, quando il vincolo matrimoniale si è estinto, sull'equilibrio economico tra i coniugi, da parte di quello successivamente impoveritosi e bisognoso di un sostegno alimentare, in senso ampio.

Inoltre, quando la finalità assistenziale assuma rilievo preponderante rispetto a quella perequativo-compensativa, la quantificazione dell'assegno divorzile dovrà tendenzialmente effettuarsi sulla base dei criteri di cui all'art. 438 c.c. in tema di alimenti, salvi gli opportuni adattamenti a seconda della maggiore o minore importanza degli apporti ricevuti o goduti dall'ex coniuge onerando.

L'assegno divorzile, nella sua componente esclusivamente assistenziale potrà essere riconosciuto nella ricorrenza delle seguenti e concorrenti condizioni: a) deve sussistere un'effettiva e concreta non autosufficienza economica dell'istante, che non sia più in grado di provvedere al proprio mantenimento; b) occorre che alla nuova situazione del richiedente non possano fornire ausilio strumenti alternativi di tutela, per l'assenza di soggetti  a ciò legalmente tenuti  o per mancanza di forme di sostegno pubblico; c) occorre che l'ex coniuge onerando sia, all'attualità, in grado di sostenere economicamente l'esborso di cui trattasi ed abbia in passato ricevuto o goduto di apporti significativi da parte dell'ex coniuge richiedente.

Nel caso esaminato con la pronuncia in commento la Corte di merito, esclusa una funzione perequativa - compensativa dell'assegno divorzile (anche in rapporto alla breve durata dell'unione coniugale, tre anni, dalla quale non erano nati figli e della mancata allegazione di rinunce o sacrifici nelle realizzazioni professionali per effetto di scelte concordate dei coniugi) ha dato unicamente rilievo alla ridotta capacità lavorativa della ex moglie, la quale era stata costretta a scegliere un lavoro part-time, in luogo di quello a tempo pieno, ma non ha compiuto alcuna verifica sulla effettiva non autosufficienza economica della stessa, sulla base delle complessive condizioni patrimoniali e reddituali, contestata dall'ex marito (il quale aveva dedotto che la stessa percepisce uno stipendio per effetto di nuovo impiego, di Euro 1.140,00 mensili, è titolare di un patrimonio immobiliare e mobiliare, proviene da "una facoltosa famiglia genovese", ha percepito indennizzo a titolo di incentivo all'esodo dall'ex datore di lavoro, di circa Euro 70.000,00).

La Corte di Cassazione ha quindi cassato la sentenza di secondo grado rinviando alla Corte d’Appello in diversa composizione che dovrà valutare la eventuale sussistenza del profilo assistenziale del richiesto assegno alla stregua dei principi giurisprudenziali menzionati.

 

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